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La “visita” alla Palla di San Pietro

La Palla di San Pietro

Vedo la santità del Cuppolone” canta Antonello Venditti in Roma Capoccia, ma vogliamo concentrare la nostra attenzione sulla sommità del famoso Cuppolone di Roma. Nonostante non sia più in vigore del tutto quella antica legge per cui nella città eterna non doveva esserci costruzioni più alte della Basilica di San Pietro, la sommità della cupola (136.57 metri alla croce), oltre alla cupola stessa, continua ad essere fonte di grande ammirazione e degli sguardi dei turisti e dei fedeli che quotidianamente popolano la piazza centro della cristianità. Cosa sappiamo di questa sommità? Probabilmente è noto a tutti che all’apice della celebre cupola disegnata da Michelangelo c’è, com’è prevedibile, una croce, ma non tutti probabilmente sanno cosa c’è tra la croce e la cupola; ovvero una palla.

Di cosa si tratta

Quella che esternamente sembra una semplice sfera d’oro (scoperta come tale a seguito di alcuni restauri), anche di dimensioni ridotte, è in realtà uno spazio capace di contenere fino a 12 persone (20 se queste si stringono) e che fino a qualche tempo fa, come vedremo in seguito, era anche visitabile. Si tratta di una struttura in bronzo raggiungibile tramite una piccola scala accessibile dalla cosiddetta Loggia del lanternino per poi giungere all’interno della palla attraverso un passaggio di circa 80 centimetri. Sono presenti quattro fessure (ognuna in corrispondenza di un punto cardinale) nella palla che permettevano di ammirare un panorama decisamente spettacolare e davvero mozzafiato, da un punto estremamente privilegiato.

È stata visitabile fino agli anni Cinquanta del Novecento quando fu poi chiusa ai visitatori per ragioni di sicurezza. Nel 1845 Papa Gregorio XVI ospitò all’interno della palla di San Pietro (nota anche con il nome di Palla Sacra) lo zar Nicola I al quale offrì un rinfresco, mentre l’ultimo a mettere piede in questo posto, dopo numerose autorità (non solo papi) fu Papa Pio IX che vi salì la sera del 1847, alla vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo (nonché patroni della città di Roma) a quasi un anno esatto dalla sua elezione e incoronazione.

La Cupola

Della cupola di San Pietro sulla cui sommità si trova appunto la Palla Sacra si è detto e scritto molto, sia per il valore spirituale che ha per i cristiani, sia per quello paesaggistico, architettonico e storico che ha per il mondo intero. La costruzione rispecchia, anche se non del tutto, i disegni di Michelangelo Buonarroti che si occupò attivamente, fino alla sua morte, dei lavori di progettazione e costruzione. Un’ulteriore curiosità, per quanto non delle principali, si deve alla presenza dall’inizio dell’Ottocento (precisamente il 1809) di un parafulmine che anche dopo il 2000 è stato oggetto di restauri per migliorarne le prestazioni tecnologiche in quanto le scariche elettriche a questa altezza sono di forte intensità e durata.

Uno dei fulmini più famosi passati alla storia è quello scattato l’11 febbraio 2013 da Alessandro di Meo, fotoreporter dell’agenzia ANSA che si abbatté proprio sulla cima del Cuppolone. Il fotoreporter, anche con una dose di fortuna (come da lui raccontato) immortalò quell’evento atmosferico in una giornata piuttosto significativa per la storia, soprattutto della Chiesa Cattolica, quella dell’annuncio dell’abdicazione di Papa Benedetto XVI.

Curiosità: Atto Melani, Sordi e Monaldi

Una delle ultime menzioni letterarie della Palla di San Pietro la si deve al romanzo storico Secretum scritto dalla coppia Rita Monaldi e Francesco Sorti del 2004. edito da Baldini&Castoldi solamente nel 2015 e facente parte di una serie di testi centrati sulla diplomazia internazionale e i giochi di potere. In questo testo il protagonista, intento nelle sue ricerche e nel fuggire ad un inseguimento, si ritrovano niente meno che a salire proprio all’interno di questa palla.

Scritto da Daniele Di Geronimo

Giornalista pubblicista e Copywriter. Da Roma non ho preso solo la provincia di nascita, ma anche l'amore e l'interesse per una città unica nel suo genere convinto che il meglio della sua storia possa (e debba) ancora essere vissuto e raccontato.

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